Un breve saggio riepilogativo

La sinergia tra dolce e amaro

Johanna Wahl, Velo di Maya, Bitter Sweet Symphony – Galleria Campari

Una buona lettura non può che iniziare con una tazza fumante di parole, che costituisce un piccolo assaggio dolce, ma allo stesso tempo amaro, dell'articolato e spinoso mondo dei dolcificanti artificiali.

Ma qual è il significato di questa espressione composita? Che messaggio comunica? A quale cosa si riferisce?
Il dolcificante artificiale, anche detto künstlicher Süßstoff, édulcorant intense, artificial sweetener edulcorante artificial nelle principali lingue europee, rispettivamente tedesco, francese, inglese e spagnolo, costituisce, nella sua accezione più generica, «une substance qui donne une saveur douce» (Le Petit Rober), realizzata mediante processi di sintesi in laboratorio, su imitazione della controparte naturale, il saccarosio.
Le note dolci-amare che caratterizzano l'esperienza sensoriale degli edulcoranti intensivi non vanno però trascurate: la loro dolcezza esplosiva è spesso accostata a un amarezza del retrogusto di pari intensità. Risultato: un inevitabile connubio di gusti complementari che può compromettere la palatabilità delle sostanze.

Gli edulcoranti interrogano molti campi del sapere umano ed, in particolare, del sapere scientifico, primi fra tutti la chimica e la biochimica, disegnando una complessa rete di concetti gerarchici e di interconnessioni: industria alimentare e impianti di produzione, azione addolcente e alimentazione, tossicità e droga, sicurezza e additivi, economia e lavoro, medicina e sport e non solo..

Esistono innumerevoli modi per identificare una cosa, naturale o artificiale che sia: è possibile fornirne una definizione rigorosa e metodica, classificarne gli elementi costitutivi ed essenziali, di modo che siano le parti a dare un'identità al tutto o, ancora, è possibile dare un'impronta più ludica alla caratterizzazione della cosa trattata, che viene dedotta mediante relazioni di somiglianza, parallelismi e complementarietà. A tal proposito, è possibile per esempio realizzare un abbecedario illustrato, che consente di risolvere l'enigma del dolcificante artificiale mediante un'applicazione diretta del pensiero laterale a partire da indizi creativi e fantasiosi, che si collegano all'arte, alla musica, al fumetto, al cinema e alla letteratura. A sostegno di quest'ultima, è possibile ad esempio evidenziare la presenza di un metodo di fabbricazione alternativo dello zucchero a partire dalla segatura nelle pagine del celebre romanzo La vita, instruzioni per l'uso di George Perec.

Il tema del dolcificante artificiale entra nella sensibilità degli artisti soprattutto attraverso l'arte grafica, strumento muto di denuncia e di protesta, in grado di comunicare con immediatezza mediante il linguaggio delle immagini: Daniela Edburg con Morte per Canderel, Kirsten Johnson con Aspartame Freeland, Sylvia Valin con Aspartame.
L'arte diviene anche lo strumento con cui gli artisti sensibilizzano il pubblico a tematiche importanti, come quella del diabete, che può affliggere la vita del pittore stesso: mediante l'immagine, quest'ultimo non solo rende attivamente partecipe lo spettatore delle conseguenze fisiche della patologia, ma riesce anche a creare un canale comunicativo unidirezionale, parlando di se' e del suo vivere interiore.
Questo è il caso di Ana Morales, con l'opera Neuropathy o, seppur in modo indiretto, di Cézanne, il pittore che crea nel dolore, un modo di approcciarsi all'arte probabilmente influenzato dalla sua stessa malattia.

Anche il fumetto, rivolto ai bambini, può costituire uno strumento di ausilio all'accrescimento della consapevolezza di questi ultimi verso malattie molto diffuse, come il diabete infantile: il caso della scimmietta Coco, personaggio Disney affetto da diabete di tipo 1, ne è l'esempio lampante.

Il fumetto, nel caso di Andy Warner o di Avalina Kreska, diviene il mezzo creativo con il quale si racconta una storia, la storia del dolcificante artificiale, che viene supportata dal linguaggio delle immagini. La narrazione non è piatta ma è animata da una leggera nota di comicità nel primo caso, da uno spirito fortemente critico nel secondo, ove l'aspartame viene definito killer sweetener.

Molteplici sono dunque le forme di narrazione del dolcificante artificiale, con le quali si racconta, si critica, si informa, si promuove: oltre al fumetto e alla letteratura narrativa, non possono non essere considerati i documentari o i servizi televisivi, gli articoli di giornale o le pubblicazioni su riviste, i ricettari, gli spot e i manifesti pubblicitari, volti alla reclamizzazione dei principali brand disponibili sul mercato, quali Splenda, Equal, Canderel, Sucaryl, Sunett, AminoSweet, NutraSweet, NatraTaste. Cologran, Sugar Twin, My Dietor...

I protagonisti delle storie sono accomunati dalla casualità e dall'accidentalità, quali fattori che governano le circostanze delle loro scoperte, favorite, allo stesso tempo, da scarsa igiene e da tecniche di laboratorio non troppo avanzate: Constantin Fahlberg, che scoprì la saccarina, primo dolcificante artificiale, mangiando del pane stranamente dolce, James M. Schlatter che scoprì l'aspartame leccandosi un dito e, ancora, Michael Sveda che avvertì per primo il sapore dolce del ciclamato mettendo in bocca una sigaretta dopo averla posata sul banco da lavoro.

In realtà primo dolcificante artificiale della storia è  l'L-glucosio, sviluppato dalla NASA più di 50 anni fa, a sostegno di un esperimento ideato dal Dr. Gilbert V. Levin, finalizzato a determinare la presenza di vita microbica nei campioni di suolo marziano.
Dato che un grammo di tale sostanza costa più dell'oro, questa non è mai stata prodotta su larga scala e a fini commerciali e si è passati a sintetizzare edulcoranti più economici.

E' molto interessante notare che antropologicamente non vi è mai stata un'attenzione dell'uomo alla ricerca sistematica e consapevole di sostanze dolcificanti che potessero emulare le funzioni del saccarosio. Il grado di innovazione di tali scoperte non è stato governato da una bramosia vorace ma piuttosto dalla serendipità, che si riferisce alla fortunata o felice coincidenza non pianificata, all'accidentale trovare una cosa mentre se ne cerca un'altra.

Tale naturale scoperta dell'artificiale ha tuttavia portato a rilevanti vantaggi nel settore economico in quanto gli edulcoranti di sintesi risultano molto più economici rispetto al classico saccarosio, estratto dalle barbabietole o dalla canna da zucchero. In molti casi i costi di produzione effettivi corrispondono al 4% o meno del costo dello zucchero, sino a quasi l'1%. Ovviamente questo rappresenta un enorme risparmio soprattutto per i produttori di bevande dietetiche a base di soda.
È interessante notare che i risparmi non sembrano invece essere trasmessi al consumatore, in quanto le bibite diet sono vendute solitamente allo stesso prezzo delle controparti zuccherate.

Inoltre, tutti i dolcificanti artificiali appartengono alla classe degli edulcoranti intensi i quali, seppur impiegati in piccolissime dosi, hanno poteri edulcoranti molto superiori a quello dello zucchero: una dose minore per una dolcezza molto più intensa e prolungata.
Ciò permette di riflettere sull'ingombro della materia prima che risulta drasticamente abbattuto nel caso dell'artificiale, anche in relazione alla praticità nel trasporto della sostanza.

Per quanto riguarda gli elementi costitutivi, essi possono coinvolgere la fisica dello stato solido e le sottoparti che definiscono l'organizzazione strutturale dell'edulcorante, dunque la sfera del microscopico; gli stimoli sensoriali con cui la cosa viene percepita e definita qualitativamente; le categorie o i tipi quali Acesulfame K, Aspartame, Ciclammato, Saccarina, Sucralosio e Neotamo, accomunati dall'azione addolcente e dall'origine sintetica.

Tra tutti, l'aspartame, approvato per la prima volta da FDA nel 1974, risulta il più impiegato, sia nell'industria alimentare che come dolcificante da tavola. Allo stesso tempo, però, anima dibattiti e ricerche, tra le quali spicca quello dell'Istituto Ramazzini che, secondo il parere di molti e degli stessi autori, proverebbe gli effetti cancerogeni di tale sostanza.

Ma quanto sono fondate le paure dei consumatori relativamente ai rischi legati all'assunzione dell'aspartame?
A prevalere sono la verità e la sicurezza del consumatore o la disinformazione e il conflitto d'interesse?
Attualmente, la comunità scientifica esclude che vi sia un legame tra aspartame e cancerogenesi, danni cerebrali, effetti sulla riproduzione e sullo sviluppo ma, nonostante ciò, negli ultimi anni suddetto dolcificante ha subito un brusco calo nei consumi tanto che la PepsiCo ha cessato la produzione di Pepsi Diet contenente aspartame.
Inoltre sia EFSA che FDA sostengono che gli studi del Ramazzini non apportino informazioni utili sulla sicurezza dell'aspartame, anche in relazione al loro approccio statistico.

Report, con il servizio Dolce è la vita, pubblicato nll'Aprile 2012, prima ancora che uscisse l'ultimo rapporto dell'EFSA, racconta la travagliata storia dell'aspartame, a partire dal primo via libera da parte della controparte americana, sino al blocco dell'autorizzazione con ritiro dal mercato e al successivo reinserimento.

Ad oggi, la Dose Giornaliera Ammissibile, uno dei numeri che, assieme alle proprietà chimico-fisiche, contribuisce a caratterizzare le varie sostanze, è di 40 mg/kg, molto maggiore rispetto a quella degli altri dolcificanti di sintesi.

Recenti ricerche, oggetto di articoli di importanti testate giornalistiche, proverebbero invece che il consumo di dolcificanti, tra cui l'aspartame, possa modificare il microbioma di alcuni soggetti, causando un'intolleranza al glucosio, fatto assai preoccupante se si considera che, secondo uno studio pubblicato il 10 Gennaio 2017, dal 1999 al 2012 negli Stati Uniti vi sarebbe stato un aumento notevole del consumo di dolcificanti a basso contenuto calorico, soprattutto tra i bambini.

In generale, il loro utilizzo da parte di diabetici e obesi, tra i principali utilizzatori, necessiterebbe una ridiscussione.

Tra i principali Paesi coinvolti nel consumo di edulcoranti intensivi vi è invece la Cina con una percentuale del 32%, a fronte del 23% del continente americano, come dimostra un grafico pubblicato nel 2017 dall'azienda londinese IHS Markit.

Ma quali sono i luoghi del dolcificante artificiale?
Certamente la fabbrica o lo stabilimento delle aziende produttrici (Tate & Lyle, Merisant, Celanese, Ajinomoto, The Nutrasweet Company, etc.), ove le sostanze vengono prodotte sinteticamente all'interno dei laboratori, nei quali le stesse vengono sottoposte a test volti sia ad accertarne la qualità e il rispetto della norma sia alla redazione della specifica tecnica, che ne prescriva una determinata funzione o livelli prestazionali definiti. Oltre alla definizione delle più svariate proprietà caratterizzanti, la specifica ne definisce anche il metodo di conservazione che avviene all'interno di opportuni magazzini, a seguito del processo di imballaggio.

Il percorso dei dolcificanti procede poi nei supermercati o nelle farmacie, nelle caffetterie o nelle pasticcerie, ove il prodotto si presenta al consumatore nelle forme più disparate: dalla fase liquida a quella solida (polvere o compresse), dalla miscela alla soluzione, ovvero come ingrediente costitutivo di altri prodotti.

Il loro elevatissimo potere dolcificante può difatti essere impiegato per assolvere diverse funzioni e nell'industria dolciaria, per prodotti da forno o di confetteria, e nell'industria farmaceutica, nei preparati per l'igiene orale e negli sciroppi, e come dolcificante sostitutivo per bibite diet.

Non mancano tuttavia impieghi curiosi, dall'Aspartame in qualità di antiparassitario, all'Acesulfame Potassico nella rilevazione di urina, ai dolcificanti in generale come indicatori della presenza di contaminanti.

Gli impieghi specifici di ciascun edulcorante sono relazionati, in particolare, al loro Potere Dolcificante (PD) rispetto al classico zucchero da cucina, alla loro resistenza al calore e alle proprietà acariogene, determinati dalla struttura chimica, ovvero dalla configurazione molecolare, definibile mediante il Nome IUPAC, la Formula Bruta e la Formula di Struttura. Quest'ultima, in particolare, consiste in una rappresentazione grafica bidimensionale della molecola, finalizzata a mettere in risalto i legami, semplici o doppi, che si instaurano tra i singoli atomi.
Vi sono anche dei modelli virtuali, che mirano invece a risaltare la tridimensionalità della molecola, mediante delle strutture grafiche definite ball and stick.

Il significato relativo alla nomenclatura chimica o a vocaboli legati al campo applicativo medico e, in generale, scientifico, che inevitabilmente intervengono quando si mettono in luce le caratteristiche tecniche legate alle struttura, alla sicurezza, al metabolismo e alle proprietà degli edulcoranti sintetici, può essere chiarificato mediante la consultazione di un glossario trilingue, che costituisce una raccolta di termini o di espressioni tecniche poco comuni e limitate ad un ambiente ristretto. Questo consente anche una lettura più consapevole e più lineare del presente blog e, in generale, di articoli e pubblicazioni scientifiche.

Per concludere, il dolce, oltre ad essere uno dei cinque gusti fondamentali, quasi universalmente considerato una sensazione piacevole, diviene metafora di ciò che rende non solo lieti i sensi, ma anche l'anima.
Tale dualità nella visione della dolcezza costituisce il tema centrale del libro Il dolce. Il piacere del gusto nella storia di Ettore Franca e Alfredo Taracchini Antonaros.
La dolcezza si fa «qualità di cosa che diletti e accarezzi delicatamente gli altri sensi, che dia una piacevole sensazione all'orecchio, all'olfatto, al tatto, alla vista», amabilità e affabilità, «impressione dolce e gradita all'animo, al gusto estetico»:

Mostrasi sì piacente a chi la mira, / che dà per li occhi una dolcezza al core / che 'ntender no la può chi no la prova
(Dante Alighieri, Vita Nuova)


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